La Fuci e l’impegno dei giovani nella società

Dal 21 al 24 aprile gli Stati generali della Fuci: un’opportunità per riscoprire i valori di una comunità aperta al confronto e al dialogo di Lorenzo Fedeli, fucino del gruppo “Vittorio Bachelet” dell’università di Roma “La Sapienza” In un tempo in cui la discussione politica sembra polarizzata fra violente contrapposizioni ideologiche, da un lato, e, dall’altro, da preoccupanti derive di degrado civile e culturale, è più che mai necessario riscoprire il contributo offerto dalla Federazione Universitaria Cattolica Italiana nella sua ormai lunga storia: la formazione di una coscienza critica che contribuisca al progresso generale del Paese. Dal 21 al 24 aprile scorso a Camaldoli, prima, e a Fiesole, nella giornata conclusiva, gli Stati Generali e l’Assemblea Federale hanno tentato di leggere il momento presente, staccandosi dal clamore delle polemiche. Come ha sostenuto, già dal primo giorno dei lavori, Gabriele Cela del Gruppo Vittorio Bachelet compito della Fuci è uscire da ogni logica autoreferenziale, rifuggire il pericolo di un arroccamento elitario, per seguire, invece, un sentiero di condivisione coerente con le prospettive che il Concilio apre al laicato. Nello sforzo di uscire da sé ritroviamo l’insegnamento di Paolo VI, lasciato in un suo intervento del 2 settembre del 1963: “un magnifico gruppo, una catena anzi di amicizie, vera società di spiriti, che ha dato alla Nazione una rete modesta nel numero, ma eletta nella qualità, di persone preparate e generose […] a servizio della cultura e della società”. Questo gruppo, questa catena, cui guardava Paolo VI, dovrà confrontarsi e valorizzare il radicamento territoriale dei gruppi universitari. È un impegno che ci chiama all’apertura, senza timori o pretese egemoniche. Dobbiamo ritrovare in questo nostro impegno quotidiano nelle università e nella Fuci il senso con cui si apre la Costituzione pastorale Gaudium et Spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”. Nell’istanza federale la Fuci troverà il momento di connessione e comunione fra i gruppi spersi nel nostro Paese, il momento in cui gioie e speranze vengono a emersione e trovano la loro composizione Siamo chiamati allora ad accogliere la sfida lanciata da Papa Francesco nel suo messaggio a noi fucini del 14 ottobre 2014: “nello studio e nelle forme di comunicazione digitale i vostri amici talvolta sperimentano la solitudine, la mancanza di speranza e di fiducia nelle proprie potenzialità: portate speranza e aprite sempre agli altri il vostro lavoro, apritevi sempre alla condivisione, al dialogo. Nella cultura soprattutto oggi abbiamo bisogno di metterci a fianco di tutti”. È un itinerario che nei prossimi anni sarà guidato dalla nuova Presidenza nazionale, eletta in quei giorni, e dei rappresentanti della nuova assemblea federale, in ascolto con l’ assistente ecclesiastico nazionale, don Roberto Regoli, e dei singoli gruppi che animano le nostre università. È un cammino, del resto, già in parte intrapreso sotto la Presidenza uscente di Allegra Tonnarini, Chiara Lambranzi e Andrea Libero Maria Di Gangi. Nella nostra quotidianità di studio e di impegno civile, possiamo ripetere, con le parole di Vittorio Bachelet, indimenticato presidente di Azione Cattolica e vittima del terrorismo brigatista, che “il servizio è la gioia”. In ciò risiede quell’essere e quel comportarsi da laici che il Concilio Vaticano II ci indica. In una società che sembra travolgere ogni forma di convivenza civile e di dialogo, spetta proprio a realtà giovanili come la Fuci superare le difficoltà del momento e suscitare nelle coscienze una speranza per l’avvenire: è dallo studio e dal confronto con diverse esperienze di vita che i giovani possono tornare ad animare la politica, a mettersi al servizio della società e a perseguire i propri ideali. Nel sessantesimo anniversario della Pacem in terris di Papa Giovanni sono questi i “segni dei tempi” che non possiamo sprecare. Ci accompagna, in questo percorso che può spaventare, il saluto che Paolo VI spesso rivolgeva ai fucini durante il suo pontificato: “Il vostro antico Assistente molto, molto ancora si aspetta da voi”.
Il Montini riscoperto dalla Fuci

Alla luce di nuovi documenti sulla vita di Giovanni Battista Montini, il 24 Febbraio è stato organizzato, presso la Sala Giubileo dell’Università LUMSA, il convegno dal titolo “L’Assistente della FUCI e il sostituto della Segreteria di Stato. Nuove fonti storiche per lo studio di Giovanni Battista Montini”, un contributo per arricchire gli studi sull’attività di Montini tra il 1925 e il 1933, come Assistente ecclesiastico della Federazione Universitaria Cattolica Italiana e poi come sostituto Segretario di Stato della Santa Sede e collaboratore di Papa Pio XII.
A 60 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II

L’11 ottobre scorso c’è stata la Celebrazione Eucaristica presieduta da papa Francesco, in occasione del 60° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II, presso la basilica di San Pietro e come fucini romani abbiamo deciso di parteciparvi in modo di rivivere la celebrazione di apertura del Concilio Vaticano II. La celebrazione è iniziata con la lettura del cosiddetto Discorso della luna di papa Giovanni XXIII e di brani presi dalle 4 Costituzioni (Sacrosantum Concilium, Lumen Gentium, Dei verbum, Gaudium et Spes), successivamente sono entrati i vescovi da ogni angolo del mondo come avvenuto all’apertura del Concilio. Durante l’omelia il Santo Padre partendo dalle parole che rivolge Gesù a Simon Pietro Mi ami? Pasci le mie pecore (cfr. Gv 21,15.17), ci aiuta a comprendere come queste parole siano rivolte a noi come membra vive della Chiesa e di come il Concilio sia connesso con queste parole del Vangelo. Da tenere in considerazione le parole di Papa Francesco alla fine dell’omelia: Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre! Quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa. Il Signore non ci vuole così. Tutti, tutti siamo figli di Dio, tutti fratelli nella Chiesa, tutti Chiesa, tutti. Noi siamo le sue pecore, il suo gregge, e lo siamo solo insieme, uniti. Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione, diventiamo sempre più “una cosa sola”, come Gesù ha implorato prima di dare la vita per noi (cfr Gv 17,21)¹. Come giovani, nati dopo il Concilio, è stata un’esperienza che ci ha fatto rivivere seppur in parte la straordinarietà di tale evento e come esso sia ancora attuale. Di seguito un approfondimento storico sul Concilio Vaticano II a cura di Corrado Buscemi, fucino del gruppo FUCI “Vittorio Bachelet” dell’università di Roma La Sapienza e studente di Scienze Politiche presso la stessa università: Il Vaticano II, viene indetto da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, ad appena 3 mesi dalla sua elezione, in un contesto sociale, politico e culturale in trasformazione, in cui venivano meno i valori tradizionali portati avanti dalla Chiesa e le stesse pratiche religiose nelle aree più industrializzate, si affermavano valori e mentalità tipicamente materialisti mentre avanzava e vi era il terrore dello spettro comunista e si diffondevano le prime forme di consumismo. In questo quadro quindi la Chiesa volle prendere le redini della situazione e porsi come guida per riequilibrare il panorama socio-culturale internazionale con le proprie istanze riformatrici, il cui impatto si rivelò essere talmente importante da essere paragonato al riformismo del Concilio di Trento². Questo Concilio si lega indissolubilmente al precedente, ovvero il Concilio Vaticano I del 1870, in quanto quest’ultimo fu interrotto bruscamente per via della presa di Roma dello stesso anno e perciò se ne volevano riprendere le sessioni per completarne i lavori. Tentativi in merito furono fatti anche dai papi precedenti come Pio XI, che però ricevette un parere negativo da parte dei cardinali e dei vescovi che consultò, sia per la questione romana che per la vastità del dibattito, mentre Pio XII affidò la decisione in merito alla questione ad una commissione, che 3 anni dopo concluse affermando l’impossibilità sul rilancio del precedente Concilio visti i diversi problemi sorti nella Chiesa dal 1870 ad oggi, e tantomeno l’apertura di uno nuovo, cosa che avrebbe comportato varie difficoltà riguardo l’impostazione e l’organizzazione. Sentito dunque il parere della Commissione, papa Pacelli abbandonò il progetto. Ciononostante si volle dare un altro nome al nuovo Concilio proprio per distinguerlo dal precedente e anche dal ribadimento dell’infallibilità papale che era stato stabilito, così invece da ridare importanza al ruolo e all’opinione dei vescovi. Inoltre prima dell’apertura ufficiale vi furono momenti di tensione dettati dalla crisi della Baia dei Porci fra Stati Uniti e Unione Sovietica, che fecero prospettare la sospensione del concilio neanche avviato, scongiurata solo dall’intervento proprio di papa Roncalli a far riflettere e desistere il presidente Kennedy e il segretario del PCUS Kruscev. Il Concilio venne quindi aperto ufficialmente solo 3 anni dopo, l’11 ottobre 1962, alla presenza di più di 2500 fra cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo. In tale occasione pronunciò il celebre discorso Gaudet Mater Ecclesia (letteralmente “Gioisce la Madre Chiesa”), nel quale indicò lo scopo principale del concilio, ovvero una reinterpretazione della dottrina adattandola ai nuovi tempi che correvano, caratterizzando quindi il sinodo in un senso marcatamente pastorale e volendo riportare la Chiesa in una posizione di interlocuzione con il mondo. La morte di papa Giovanni XXIII, tuttavia, fece prospettare nelle file più conservatrici dell’episcopato l’interruzione dei lavori del Concilio, venendo però smentita dall’elezione sul soglio pontificio del cardinale Giovanni Battista Montini, già assistente nazionale della F.U.C.I, meglio noto come papa Paolo VI e dal suo primo radiomessaggio, in cui annunciava la volontà di portare avanti anche l’opera del suo predecessore. Dopo quattro sessioni di lavoro il concilio venne chiuso l’8 dicembre 1965³. I documenti del Concilio furono numerosi (4 costituzioni, 9 decreti e 3 dichiarazioni) e i più importanti sono certamente le 4 costituzioni, ovvero la Sacrosantum Concilium sulla liturgia (4 dicembre 1963), la Lumen Gentium sulla Chiesa (21 novembre 1964), la Dei verbum sulla Sacra Scrittura (18 novembre 1965) e la Gaudium et Spes sul rapporto della Chiesa con il mondo contemporaneo (7 dicembre 1965). Di questa stessa data è anche la lettura della Dichiarazione comune cattolico-ortodossa, il documento che revocava le reciproche scomuniche tra le 2 confessioni, in modo da far riconciliare la Chiesa romana e quella ortodossa⁴. Cfr. papa Francesco, OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO, 11 ottobre 2022, Basilica di San Pietro. Cfr. G. Sabbatucci, V. Vidotto, Storia contemporanea. Dalla Grande Guerra ad oggi, Laterza, Bari-Roma 2019; https://www.raiplay.it/programmi/conciliovaticanoii-lagrandestoria. Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Concilio_Vaticano_II; https://www.raiplay.it/programmi/conciliovaticanoii-lagrandestoria. Cfr. https://www.raiplay.it/programmi/conciliovaticanoii-lagrandestoria, i_documenti_del_concilio_vaticano_ii.pdf ; https://it.wikipedia.org/wiki/Concilio_Vaticano_II.