Il ricordo con la FUCI del grande intellettuale e giurista cattolico ucciso dalle Brigate Rosse
Da “il Mattino di Puglia e Basilicata” del 1/03/2023
di Gabriele Cela
INCARICATO NAZIONALE PER LA COMUNICAZIONE, SEGRETARIO-TESORIERE DEL GRUPPO FUCI ROMA SAPIENZA “VITTORIO BACHELET” E STUDENTE DI SCIENZE POLITICHE-RELAZIONI INTERNAZIONALI
Lunedì 20 Febbraio il Gruppo di Roma Sapienza “Vittorio Bachelet” della Federazione Universitaria Cattolica Italiana ha organizzato e promosso il convegno dal titolo “Vittorio Bachelet: l’impegno di un cattolico nella società”.
Il convegno si è tenuto presso la Sala Lauree del dipartimento di Scienze Politiche, introdotto con i saluti ed i contributi della Magnifica Rettrice, prof.ssa Antonella Polimeni, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Roma, Prof. Sen. Miguel Gotor, del Prof. On. Giovanni Bachelet e dell’Europarlamentare On. Beatrice Covassi.
Nel corso del convegno hanno relazionato sulla figura di Vittorio Bachelet, attraverso i suoi scritti e la sua attività di docente, il prof. On. Stefano Ceccanti, già Presidente Nazionale della Fuci e docente di “Diritto Costituzionale Italiano e Comparato” e il prof. Augusto D’Angelo, storico e docente di “Storia Contemporanea”e “Politica e Religioni in Età Contemporanea”.
Vittorio Bachelet è stato un giurista, professore universitario, intellettuale cattolico impegnato nella vita civile, sostenitore del primato della morale, come unica forza in grado di sconfiggere violenza, fanatismo e tirannia. Una figura che ha saputo conciliare fede, spinta al rinnovamento e alla ricostruzione democratica, rigore costituzionale. Aderì all’Azione Cattolica all’età di 9 anni e da quel momento le rimase fedele per tutta la vita.Studiò Giurisprudenza alla Sapienza e entrò a far parte della Fuci , divenendo Segretario del Consiglio Superiore e Condirettore del periodico “Ricerca” tra il 1948 e il 1950. Sono questi gli anni in cui conobbe Aldo Moro e da allora i due furono uniti da una sincera amicizia. Si laureò con una tesi in diritto del lavoro e intraprese la sua carriera universitaria tra Pavia, Trieste e Roma. Tra il 1950 e il 1959 fu capo redattore e poi vicedirettore della rivista Civitas, diretta da Paolo Emilio Taviani. Nominato vicepresidente dell’Azione Cattolica nel 1959, ne divenne Presidente dal 1964 al 1973, con la missione, affidatagli da Papa Paolo VI, di procedere al rinnovamento dell’associazione nello spirito del Concilio Vaticano II. Membro di spicco della Democrazia Cristiana, venne eletto nel giugno 1976 consigliere comunale di Roma, carica dalla quale si dimise qualche mese dopo, in seguito alla sua elezione a membro del Consiglio Superiore di Magistratura, organo all’interno del quale ricoprì l’incarico di Vice Presidente. Nel 1977 divenne Professore Ordinario di diritto amministrativo presso la facoltà di scienze politiche dell’Università degli Studi di Roma Sapienza.
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Gli uomini come il prof. Bachelet, che sono ricordati per la loro umanità e dedizione, in qualunque ambito della vita sociale, culturale, politica, sono uomini che lasciano un segno nella storia.
Tra ricordi personali e citazioni dei suoi scritti, il Prof. Ceccanti ha tratteggiato la figura di Vittorio Bachelet come uomo politico, ricordando la sua amicizia con Aldo Moro la connessione ideale con lo stesso Moro e Roberto Ruffilli, in seguito accomunati dalla stessa tragica sorte.
“Mi viene sempre da meditare a questo proposito quanto disse Nilde Jotti, allora presidente della Camera, alla deputata Maria Eletta Martini in occasione dell’assassinio di Ruffilli, “uccidono sempre i soliti” e il paradossale elogio che le Brigate Rosse fecero allora nel documento di rivendicazione, come uomo chiave nell’elaborazione di un progetto “teso ad aprire una nuova fase costituente” per una “riformulazione delle regole del gioco, all’interno della complessiva rifunzionalizzazione dei poteri e degli apparati dello Stato” coinvolgendo “tutto l’arco delle forze politiche… comprese le opposizioni istituzionali”.
Il prof. Ceccanti ha riportato nel suo intervento alcune intuizioni del prof. Bachelet, estratte dal testo “scritti civili” ed. AVE del 2005, con prefazione di Matteo Truffelli, dalle quali emerge chiaramente il suo spirito innovatore e la sua visione in prospettiva futura della politica nazionale ed internazionale.
Il primo brano analizzato è stato “Crisi dello Stato” pubblicato su “Coscienza” nel 1954 in cui il prof. Bachelet sottolineava la differenza tra la prima parte della Costituzione “innovatrice e talora audace” e la seconda “inadeguata alle funzioni nuove dello Stato”. Questa sua osservazione ha rappresentato il fondamento del riformismo democratico istituzionale, evitando le due dannose correnti del conservatorismo istituzionale e del revisionismo, entrambe presenti in quel particolare momento storico.
Il secondo brano considerato “La patria nella comunità internazionale” fu scritto per il convegno dei Maestri Cattolici del luglio 1952. Qui il prof. Bachelet esprimeva
l’idea di un’appartenenza multilivello agli Stati nazionali e alle nascenti istituzioni europee, a tal punto da utilizzare la parola “patria” per entrambi i livelli, operazione
che talora viene contestata, ancor oggi, dalle forme più radicali di nazionalismo.
Il terzo brano è stato “Gioventù Europea” pubblicato su “Il Quotidiano” nel novembre 1952, nel quale il prof. Bachelet rifletteva sul ruolo delle nuove istituzioni, cui era affidato il compito di dare corpo a “un vincolo nuovo, una nuova patria comune a cui ogni nazione dà il suo indispensabile contributo” perché solo questa nuova “comunità politica” possiede le “dimensioni adeguate alla realizzazione del bene comune dei popoli europei nella situazione attuale del mondo”.
Il quarto brano esaminato, “A Mosca un cambio di rotta?” fu pubblicato su “Gioventù” del maggio 1953, sull’onda della morte di Stalin e della convulsa fase successiva in Russia.
Questo commento, secondo il prof. Ceccanti, è emblematico, perché sia Bachelet che Paolo Emilio Taviani, ispirandosi a De Gasperi, in quegli anni univano l’opzione europeista con quella atlantista, a differenza di esponenti delle correnti più a sinistra della DC, che avevano una posizione critica verso gli USA. Inevitabilmente, riteneva l’autore, il confronto con la nuova Russia doveva essere affrontato da tutte le democrazie europee unite.
In conclusione, il prof. Ceccanti ci ha lasciato un ricordo personale, legato alla sua partecipazione ad un convegno organizzato nei giorni successivi all’assassinio di Piersanti Mattarella e Vittorio Bachelet dalla Lega Democratica con la Fuci, sul tema della politica e della mediazione culturale tra principi e realtà. Grazie a quel convegno, il prof. Ceccanti decise di aderire alla Fuci.
Il prof. Augusto D’Angelo nella sua relazione si è soffermato su due aspetti della vita del Prof. Bachelet: il suo ruolo negli anni ‘60 e i primi anni ’70, come “traghettatore” dell’Azione Cattolica dal pre al post-concilio e il clima degli anni Sessanta nella Facoltà di Scienze Politiche, a Roma.
Il 28 Ottobre 1958 venne eletto al soglio Pontificio il Cardinale Roncalli con il nome di Giovanni XXIII, il suo spirito innovatore toccò anche l’Azione Cattolica e Vittorio Bachelet fu nominato Vice Presidente.
Nel 1964 Papa Paolo VI lo nominò Presidente e due anni dopo scrisse il libro “Rinnovare l’Azione Cattolica per attuare il Concilio”, nel quale proponeva di rinnovarla partendo dai presidenti ed assistenti locali fino a raggiungere tutti i livelli.
Il ruolo di Bachelet, come mediatore tra le differenti realtà che componevano l’AC, fu determinante per l’introduzione di una modifica statutaria.
Nello Statuto, rinnovato del ‘69, ha un ruolo centrale “la scelta religiosa”, che si concretizza nella scelta per la vita spirituale, con il primato di Dio nella vita di ognuno.
Abbandonando gli incarichi e il ruolo politico che aveva animato l’AC fino a quel momento, ma senza dimenticare l’impegno dei cattolici nella società, il nuovo Statuto ha voluto radicarne il nucleo essenziale nella scelta relgiosa.
Il prof. D’Angelo ha raccontato un aneddoto sulla vita del prof. Bachelet.
La moglie Maria Teresa è abruzzese e la famiglia trascorre le vacanze al mare a Francavilla, dove per 25 anni era stato sindaco Gianni Angelucci uomo di AC.
Per le elezioni politiche del 1968 ritenne giunto il momento di candidarsi alla Camera.
Il presidente della giunta di AC locale scrisse a Bachelet, chiedendo aiuto perchè riteneva che l’Azione Cattolica “con la forza del numero dei suoi aderenti” dovesse “assicurarsi in Parlamento un cospicuo numero di propri militanti”. Bachelet non rispose nell’immediato, la sua risposta giunse a destinazione dopo le elezioni, con queste parole: “l’Azione Cattolica, desiderosa com’è di sostenere i fondamentali valori umani e cristiani anche nella vita civile, ha scelto proprio per questo di non porsi come gruppo di pressione”.
L’episodio mostra cosa volesse dire per lui farsi carico di un grande mondo associativo e condurlo nel nuovo percorso conciliare.
Vittorio Bachelet decise di edificare la sua vita su tre pilastri, sui quali ancora oggi si fonda l’azione della Fuci: ecclesiale, universitario e socio-politico.
In ambito universitario, come studente, ricercatore e docente, Vittorio Bachelet spese molti anni della sua vita, con impegno, dedizione, umanità e attenzione verso gli studenti.
“La facoltà di Scienze Politiche, in cui Bachelet insegnava, visse gli anni di piombo, pagando un tributo notevole. Fu un assedio, tramutatosi per alcuni in attacco fisico: Moro, Bachelet e D’Antona”, ricorda il Prof. D’Angelo.
“La brigatista Emilia Libera, incaricata di sorvegliare La Sapienza, in una testimonianza del 1982 disse che l’intenzione era di colpire la DC nei suoi spiragli di rinnovamento”.
In conclusione, il prof. D’Angelo ha evidenziato come nella facoltà di scienze politiche a Roma ci sia stata un’inversione di tendenza in seguito alla morte di Vittorio Bachelet: prima dell’assassinio si avvertiva il timore, per il rischio che tra gli studenti si potesse nascondere qualche brigatista, dopo furono gli stessi studenti a proporre
l’istituzione di una stele sul luogo dell’assassinio.
“Quegli studenti, sull’esempio del loro maestro, cominciarono a ritessere i fili di umanità e convivenza civile di cui c’era bisogno” conclude il prof. D’Angelo.
Il convegno in ricordo del prof. Vittorio Bachelet ha registrato una nutrita partecipazione di studenti, docenti e cittadini che lo hanno conosciuto, come docente o come uomo impegnato nella vita associativa, politica e sociale del Paese.
Grazie alle riflessioni riportate abbiamo compreso che l’Italia ha un disperato bisogno di una nuova classe dirigente, portatrice di certezze, valori, ideali, modelli di riferimento che possano “essere in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva, capace di costruire, nel presente, per l’avvenire” (Vittorio Bachelet)